giovedì 18 dicembre 2008

il gioco... costruzione di una futura vita sociale!


I numerosi studi condotti sul gioco soprattutto negli ultimi 40 anni, hanno portato al riconoscimento del ruolo centrale che esso svolge nel processo di sviluppo infantile. L'attività ludica è infatti la forma di espressione privilegiata dal bambino, lo strumento attraverso il quale si rapporta a se stesso, esplora il mondo circostante, ha la possibilità di ricombinare in maniera personale e creativa le informazioni, le indicazioni, i segnali che gli vengono dall'ambiente. Il gioco è quindi un'azione che il bambino compie intenzionalmente per inserirsi nella realtà che lo circonda e per manipolarla. Il gioco come gioco ha per caratteristica centrale di essere orientato verso la creatività, dunque verso il cambiamento, verso il possibile. E' nel giocare che il bambino sperimenta con successo la possibilità di intervenire attivamente sugli elementi che lo attorniano.Questi elementi vengono trasformati dal bambino che li rende così più congruenti alle proprie idee e ai propri progetti, li utilizza per costruirsi nuove esperienze e nuove situazioni che sono la rampa di lancio per nuove scoperte e ulteriori cambiamenti. Si può quindi dire che il gioco è un modo per fare le cose, una qualità dell'esperienza. Il gioco è un'attività gratificante poiché non è condizionato da pressioni interne o esterne e tende perciò solo al piacere e alla conferma di sé; inoltre ha una funzione insostituibile sul piano affettivo e socio-relazionale, in quanto permette di sperimentare regole e stili di comportamento sociale. La dinamica fra fantasie e realtà, tra fiaba e attività pratica che si realizza nel gioco aiuta il bambino ad acquisire consapevolezza di sé, a interiorizzare norme, valori e ruoli sociali; a elaborare insomma una identità sociale e personale. Possiamo perciò dire che il gioco è iniziazione, è appartenenza, è approccio alla realtà e al mondo, apprendimento della vita associata, è distacco dai legami infantili, è allenamento alla società adulta, è passaggio di status, è risoluzione o esplicitazione di conflitti interni, è superamento di difficoltà, è prova di verifica di se stessi e delle proprie capacità autonome, è la legge del gruppo, è esperienza di uscita da se con la sicurezza di rientrarvi, è paura, è rassicurazione di potercela fare, è vittoria su di se.

mercoledì 17 dicembre 2008

La comunicazione è relazione


La comunicazione è uno scambio tra due o più persone per trasmettere un messaggio che non si conosce. E' essere in relazione con un'altra persona con parole, gesti, atti per far conoscere proprie idee, opinioni, sentimenti e conoscere quelli degli altri.

E' una conoscenza reciproca; è sospendere l'azione e creare una "attenzione calma" per osservare il bambino e la sua modalità di entrare in relazione. Bisogna saper cogliere i comportamenti di disagio, le "chiusure", gli stereotipi messi in atto nella relazione, le situazioni in cui tutto ciò si verifica e dare significato: questi comportamenti possono essere messi in atto quando ci sono cambiamenti nel grado di coinvolgimento della relazione o nella scoperta di capacità legate all'autonomia.

Nel bambino costruire la relazione e la comunicazione significa creare delle attività condivise come il gioco, il movimento, finalizzate ad attivare intenzionalità e reciprocità.

giovedì 11 dicembre 2008

La relazione educativa


La costruzione della relazione è un obiettivo educativo importantissimo che richiede l'impegno dei soggetti coinvolti ma soprattutto è da considerare il tempo richiesto. La relazione è caratterizzata dalla volontà di costruire un rapporto significativo di reciprocità, un legame quasi indisolubile tra due persone. Vi deve essere un particolare atteggiamento da parte dell'educatore che deve essere disponibile alla relazione nei termini di accoglienza e di progettazione nei riguardi del soggetto in formazione. La relazione è un cammino con l'altro (educando) i cui tempi, momenti non si possono sempre prestabilire; questa relazione non è sempre la medesima ma muta nel tempo in quanto i partner non sono sempre gli stessi in ogni momento.

L'affettività della persona entra in gioco e segue delle tappe di sviluppo che vanno accettate: accogliere è lasciare spazio all'altro, alla sua libertà; è il gettare le basi per la costruzione di un' identità personale e originale.

La relazione educativa si costruisce con/e per l'altro, si "è per l'altro"; la relazione è ascolto!


“la presenza dell’altro non è presenza biologica, è sostanzialmente appello e pone istanze di accoglimento, stima, rispetto, amore. L’intersoggettività implica necessariamente la promozione dell’altro, il condurlo ad essere una soggettività creativa” (Rossi, 1992).


La costruzione della relazione richiede prima di ogni linguaggio il riconoscimento del volto dell’altro che ci parla e costruisce l’interazione interpellandoci sul piano esistenziale: questo è il vero linguaggio al quale la relazione si riferisce.

Costruire la relazione è accettare la scommessa di saper rompere gli schemi tradizionali e di saper vivere l’avventura con l’altro.

Il "Piccolo principe" insegna a "noi aviatori"



“Il Piccolo Principe” è una storia per bambini e per grandi: per i bambini poiché tratta la fantasia dell’infanzia. Per gli adulti poiché risveglia quel “bambino che dorme” per non dimenticare.
È un viaggio psicologico dove le vere e proprie realtà del mondo sono filtrate dallo sguardo di un bambino.
Il narratore della storia, un aviatore di professione, si trova nel deserto a causa di un’avaria al suo aeroplano, quando incontra un bambino, una parte di se stesso che non tutti gli uomini hanno la fortuna di ritrovare. Il suo luogo d’appartenenza è il tempo dell’infanzia. Ha pressappoco sei anni, l’età in cui s’inizia a prendere coscienza della realtà circostante. Il Piccolo Principe ha lasciato il suo pianeta e la sua rosa per conoscere altri pianeti. Pianeti lontani, diversi e difficili da comprendere poiché gli adulti vivono di ragionamenti a circolo vizioso, dei quali ne sono schiavi. Come il Piccolo Principe abbandona la sua stella, così gli adulti si sono allontanati da quel piccolo mondo della loro infanzia.
In un certo senso “Il Piccolo Principe” è una denuncia al mondo adulto che non ha fatto altro che annullare l’attività immaginativa del bambino, infatti, il bambino di sei anni, crescendo, è costretto ad avvicinarsi sempre più al mondo adulto e, conseguentemente, è costretto ad allontanarsi lentamente da quel piccolo mondo che man mano finirà con il dimenticarselo.
Così quel bambino che si presenta nel deserto è il Principe di quel piccolo mondo, dimenticato dal pilota, al quale gli consegnerà dei preziosi insegnamenti, che solo un bambino di sei anni è in grado di conferire e che persino le maestre hanno dimenticato, in pratica guardare non con gli occhi ma con il cuore.
Rivela, infatti, il semplice segreto dell’amicizia “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Ciò che è importante è seguire il proprio cuore, non c’è ragionamento che valga quindi il vero senso della vita è creare dei legami affettivi.
Questa fiaba ci spinge a guardare il mondo con gli occhi e l’animo di un fanciullo, del bambino che siamo stati e che spesso e volentieri dimentichiamo per dedicarci a vivere freneticamente la nostra vita da adulti.

mercoledì 10 dicembre 2008

Il gruppo

Il gruppo è formato da un insieme di persone che stanno insieme stabilmente, condividendo obiettivi e visioni comuni e al cui interno si ha che fare con una realtà strutturata (con la presenza di status e ruoli). In ogni gruppo è presente un leader, una persona con un carisma molto forte in grado di trascinare gli altri membri. Può avere funzione positiva e negativa.Con la sua capacità di coinvolgimento può infatti portare gli altri verso il bene ( ad esempio il volontariato) oppure la sua personalità è talmente forte da non permettere agli altri di esprimersi come credono.Quando le persone cominciano a stare insieme non formano ancora un gruppo, esso va costruito piano piano, cercando di creare l’unità tra i membri. Ogni persona ha una propria identità, un IO che va a “scontrasi” con altri IO. E l’obiettivo che ci si deve porre è che questo IO diventi invece NOI, che va costruito con il tempo e la volontà di ciascuno.(costruzione identità collettiva)

Sono molti i fattori che favoriscono la coesione:



  • positiva immagine di sé;

  • accettazione reciproca;

  • rispetto reciproco;

  • valori e obiettivi comuni;

  • collaborazione e aiuto.

Ci sono anche fattori che invece possono essere da ostacolo alla coesione:



  • simpatie e antipatie per alcuni e non per altri;

  • competitività;

  • difesa dei propri interessi;

  • conoscenza superficiale dei componenti del gruppo

Anche nel gruppo più coeso ci sono problemi che minano l’unità. Sono quelle situazioni di conflitto, in cui due o più persone sono in contrasto tra di loro; questo è perfettamente normale. E’ però importante imparare a gestire i problemi relazionali per renderli occasione di crescita per il singolo.

tutti alla "Chiara Stella"!!!


Anche quest'anno la mia parocchia ha organizzato la "Chiara Stella"... per chi non sapesse che cosa questa sia dico che questa è un gruppo o più di ragazzi o bambini che tutti insieme, durante il periodo natalizio, va per le vie del paese allietando le famiglie con canti di natale; solitamente si lascia anche un piccolo pensierino e ovviamente si porgono gli auguri di natale. Mentre gli anni scorsi sono andata con ragazze mie coetanee quest'anno il gruppo in cui mi trovo (ve n'è più di uno in quanto il paese è "diviso" in varie zone, una per ogni gruppo) è molto eterogeneo ed è formato da bambine e bambini di diverse classi delle scuole elementari. Penso che l'esperienza della "Chiara Stella", nel suo piccolo, sia davvero molto educativa per questi bambini in quanto questi imparano a stare in gruppo anche con bambini di età diverse, imparano la responsabilità nello svolgere dei compiti: ogni bambino infatti ha un compito diverso... c'è chi è addetto a consegnare i regalini, chi porge gli auguri, chi tiene la stella o chi aziona lo stereo; essi poi apprendono come scacciare la timidezza attraverso la relazione con persone adulte che non conoscono. Ovviamente imparano infine anche i canti e le tradizioni del natale divertendosi nel farlo.

Consiglierei a tutti questa esperienza perchè è davvero utile e significativa... è un'occasione per rapportarsi in modo diverso con i bambini e divertirsi assieme a loro!

domenica 23 novembre 2008

Emergenza bullismo!



Buona domenica a tutti!


Oltre che essere una novella maestra sono anche una novella catechista di un gruppo di ragazzi di seconda media... ieri pomeriggio sono andata ad un incontro con i ragazzi e siccome erano in pochi abbiamo deciso di fare una "tavola rotonda" sui loro problemi. Dalla discussione di gruppo è emerso che uno dei loro maggiori problemi è il bullismo... una ragazzina e un ragazzino prepotenti che picchiano, rubano oggetti di proprietà degli altri e che addirittura li minacciano con coltelli. Ma com'è possibile che accada tutto cio? i ragazzi hanno detto di aver provato a parlarne con i genitori e gli insegnanti ma questi non gli hanno creduto e anzi hanno difeso i due bulli... Perchè i ragazzi più deboli devono sempre pagare le colpe dei più forti?

Il bullismo non è un fenomeno cosi definito e semplice da analizzare in quanto fornisce una seriedi innumerevoi spunti di interpretazione del mondo giovanile e dei suoi problemi.

Le cause primarie di questo fenomeno sono da ricercarsi non solamente nella personalità del giovane bullo, ma anche nei modelli familiari sottostanti, negli stereotipi imposti dai mass- media, nella società di oggi a volte disattenta alle relazioni sociali. L’enorme eco che gli episodi di bullismo hanno ottenuto in quest’ultimo anno sui mass-media segnala la diffusione, nell’opinione pubblica, di una crescente consapevolezza del problema. E’ di fondamentale importanza, infatti, che tutti riconoscano la gravità degli atti di bullismo e delle loro conseguenze per la crescita sia delle piccole vittime, che nutrono una profonda sofferenza, sia dei piccoli prevaricatori, che corrono il rischio di intraprendere percorsi caratterizzati da devianza e delinquenza.

Ma io mi chiedo perchè bisogna farsi vedere più forti con la violenza? Perchè non insegnare ai ragazzi l'uso dell'intelligenza, della cretività, della fantasia per "gareggiare" con gli altri?

giovedì 20 novembre 2008

maestra ti voglio bene!


Nella mia esperienza di questi ultimi mesi come "insegnante" mi sono spesso domandata quali fossero le motivazioni per cui la mia scolaretta si sia legata molto di più a me invece che ai docenti comuni della sua scuola. Sicuramente le lezioni (semi)individuali favoriscono il dialogo, il confronto, l’ascolto con una maggiore facilità di entrare sul vissuto proprio e dell’altro. Mi sono domandata: “ma io come vivevo i rapporti con i miei docenti nel periodo della scuola elementare? Come si ponevano e come mi ponevo io nei loro confronti?”Le materie in cui ero molto più competente erano proprio quelle tenute da docenti che privilegiavano l’umanità, il dialogo, un legame affettivo e autentico che si manifestava anche al di fuori dell’ambito scolastico. Penso che questo tipo di relazione autentica e ricca di affettività che gli insegnanti (aimè troppo pochi secondo il mio parere) più o meno coscientemente impostano e coltivano con gli studenti determinano nelle menti e anche nel cuore dell’alunno una serie di fantastiche emozioni da trasformarsi in significati, nozioni e conoscenze: un’acquisizione di competenza fuori dal comune.
Voi che ne pensate? è meglio un insegnate autoritario vecchio stampo oppure un insegnate più "umano" ed empatico?

domenica 16 novembre 2008

Com'è bello giocare!


In questi giorni ho riflettuto a lungo sulla vita (intesa come abitudini, vita sociale, ecc...) dei bambini del 2008; questi hanno sempre un milione di impegni da rispettare: tutti i giorni sono impegnati in innumerevoli sport e attività ,ci sono sempre l'allenamento di calcio o le prove di danza; poi c'è il catechismo e nel "tempo libero" ci sono da fare i compiti... tanti forse troppi che le maestre danno ai bambini senza pensare a tutto quello che devono fare oltre a quelli, dicono le mamme!

Ma... il tempo per giocare? il tempo per stare con gli altri bambini? quel tempo che è indispensabile per lo sviluppo di una futura vita sociale... dov'è finito? il bambino ha bisogno di rilassarsi, di sfogarsi, di fare ciò che desidera giocando; magari non diventerà un Del Piero o una futura Carla Fracci ma sarà sempre felice e sorridente... lo stess e le frustrazioni lasciamole agli adulti!

giovedì 13 novembre 2008

abbasso il conte dracula!


Buon pomeriggio a tutti!

Oggi ho fatto un'altra delle mie "lezioni"! La bimba mi ha sempre accolta con un sorriso e con entusiasmo dicendomi che in questi giorni ha fatto alcune verifiche che le sono andate veramente molto bene! è davvero una grandissima soddisfazione vedere che il tuo educando risponde bene a ciò che gli insegni e soprattutto continuo a ribadire che è bellissimo che il bambino veda la scuola come un gioco e non come un obbligo... perchè invece la maggior parte delle volte succede il contrario? perchè la scuola molto spesso è vista dai bambini come il "brutto castello del conte dracula" e non come un "bellissimo parco giochi" dove potersi divertire imparando??!!

scuola... che gioco fantastico!


Salve a tutti!
La scorsa settimana, come di consueto, mi sono recata dalla mia "scolaretta" che mi ha accolta con un: "evviva, finalmente sei arrivata! ho tanta voglia di cominciare i compiti!" Sono rimasta davvero stupita per questa sua affermazione... è possibile che si sia appassionata così tanto allo "studio" da vederlo quasi come un gioco?! può dunque la scuola essere un "gioco"???

venerdì 31 ottobre 2008

ecco la vostra "insegnante"



Sono una neo "insegnante" che da pochi mesi aiuta una bambina di 10 anni con i compiti e con lo studio. Sono interessata alla discussione dell'insegnamento e delle sue metodologie ma in particolare della relazione educativa e del rapporto che si instaura tra l'educatore e la sua "creatura".