giovedì 20 novembre 2008

maestra ti voglio bene!


Nella mia esperienza di questi ultimi mesi come "insegnante" mi sono spesso domandata quali fossero le motivazioni per cui la mia scolaretta si sia legata molto di più a me invece che ai docenti comuni della sua scuola. Sicuramente le lezioni (semi)individuali favoriscono il dialogo, il confronto, l’ascolto con una maggiore facilità di entrare sul vissuto proprio e dell’altro. Mi sono domandata: “ma io come vivevo i rapporti con i miei docenti nel periodo della scuola elementare? Come si ponevano e come mi ponevo io nei loro confronti?”Le materie in cui ero molto più competente erano proprio quelle tenute da docenti che privilegiavano l’umanità, il dialogo, un legame affettivo e autentico che si manifestava anche al di fuori dell’ambito scolastico. Penso che questo tipo di relazione autentica e ricca di affettività che gli insegnanti (aimè troppo pochi secondo il mio parere) più o meno coscientemente impostano e coltivano con gli studenti determinano nelle menti e anche nel cuore dell’alunno una serie di fantastiche emozioni da trasformarsi in significati, nozioni e conoscenze: un’acquisizione di competenza fuori dal comune.
Voi che ne pensate? è meglio un insegnate autoritario vecchio stampo oppure un insegnate più "umano" ed empatico?

2 commenti:

MeneFraPo - Francesco ha detto...

Secondo me, è meglio avere un'insegnate più empatica e umana.
Io ho avuto molti tipi di insegnanti dalla autoritaria a quella umana fino ad arrivare a quella che lasciava fare tutto, si può dire "le ho provate tutte".
E ho visto che le maestre più umane non lasciano fare tutto, come si sente spesso dire in giro, ma la cosa che cambia è la relazione che hanno con i bambini, dove c'è più una simmetria.
By Francesco (detto abusivamente Francesco)

Giulia ha detto...

Riflettevo non molto tempo fa sul valore che possa avere per un bambino, così come anche per un ragazzo in piena fase di maturazione psico-sociale, il sentirsi rivolgere la domanda: “Tu che cosa ne pensi?”. Credo che uno dei fattori che oggi sta alla base della scarsa abitudine dei giovani a dire la propria sulle cose, possa essere proprio derivante dal fatto che non li si abitua ad esporsi, primariamente nei luoghi deputati alla formazione per eccellenza, come la scuola. Non si dà loro spazio, nella conversazione docente-studenti, per sperimentare la condivisione, così come anche il dissenso, nell’ambito delle tematiche trattate a lezione. Credo (e me ne rendo sempre più conto) che la classe, se gestita bene come gruppo dal docente (il quale funge un po’ da “direttore dei lavori”, da mediatore), possa diventare l’ambito nel quale i giovani in formazione possono sperimentare la propria messa in gioco ma, al contempo, anche l’accettazione delle opinioni diverse dei propri compagni, soprattutto in virtù del tempo che ci si passa all’interno. A parere mio diventa un educare non solo a conoscere maggiormente se stessi, ma anche l’altro, al lasciarlo parlare, cosicché lasciargli dire la sua è il miglior modo per educare al rispetto, che è il contrario dell’aggressività e della repressione, comunque si manifesti.
Forse la rabbia che, palesemente, si è manifestata tra gli studenti al momento della minaccia della riforma scolastica (tematica che li ha fatti sentire coinvolti in prima persona), si è espressa così fortemente proprio anche in risposta alla mancanza di ascolto che ai giovani oggi si rivolge, frutto di un problema diffuso (anche se non bisogna mai generalizzare, pena la mancanza di educazione) a livello scolastico, ma anche familiare.
Voi che cosa ne pensate?