giovedì 11 dicembre 2008

Il "Piccolo principe" insegna a "noi aviatori"



“Il Piccolo Principe” è una storia per bambini e per grandi: per i bambini poiché tratta la fantasia dell’infanzia. Per gli adulti poiché risveglia quel “bambino che dorme” per non dimenticare.
È un viaggio psicologico dove le vere e proprie realtà del mondo sono filtrate dallo sguardo di un bambino.
Il narratore della storia, un aviatore di professione, si trova nel deserto a causa di un’avaria al suo aeroplano, quando incontra un bambino, una parte di se stesso che non tutti gli uomini hanno la fortuna di ritrovare. Il suo luogo d’appartenenza è il tempo dell’infanzia. Ha pressappoco sei anni, l’età in cui s’inizia a prendere coscienza della realtà circostante. Il Piccolo Principe ha lasciato il suo pianeta e la sua rosa per conoscere altri pianeti. Pianeti lontani, diversi e difficili da comprendere poiché gli adulti vivono di ragionamenti a circolo vizioso, dei quali ne sono schiavi. Come il Piccolo Principe abbandona la sua stella, così gli adulti si sono allontanati da quel piccolo mondo della loro infanzia.
In un certo senso “Il Piccolo Principe” è una denuncia al mondo adulto che non ha fatto altro che annullare l’attività immaginativa del bambino, infatti, il bambino di sei anni, crescendo, è costretto ad avvicinarsi sempre più al mondo adulto e, conseguentemente, è costretto ad allontanarsi lentamente da quel piccolo mondo che man mano finirà con il dimenticarselo.
Così quel bambino che si presenta nel deserto è il Principe di quel piccolo mondo, dimenticato dal pilota, al quale gli consegnerà dei preziosi insegnamenti, che solo un bambino di sei anni è in grado di conferire e che persino le maestre hanno dimenticato, in pratica guardare non con gli occhi ma con il cuore.
Rivela, infatti, il semplice segreto dell’amicizia “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Ciò che è importante è seguire il proprio cuore, non c’è ragionamento che valga quindi il vero senso della vita è creare dei legami affettivi.
Questa fiaba ci spinge a guardare il mondo con gli occhi e l’animo di un fanciullo, del bambino che siamo stati e che spesso e volentieri dimentichiamo per dedicarci a vivere freneticamente la nostra vita da adulti.

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